Breve storia del Comune di Lissone

La fondazione di Lissone risale probabilmente al I secolo d.C. Sul territorio, infatti, sono stati trovati reperti archeologici databili agli inizi del periodo imperiale di Roma. Il nome, pur avendo un’etimologia incerta, è di origine romana, Lixionum. Incerte sono le notizie relative ai primi secoli dell’era cristiana. Intorno all’anno 1000 il locus di Lissione doveva godere di una discreta importanza, tanto da poter dare al duomo di Monza un arciprete (dignità equiparabile a quella vescovile), del quale abbiamo memoria in un documento cartaceo del settembre dell’anno 990: “Walperto figlio del fu di buona memoria Odelberto del luogo di Lissone”. Questo (tradotto dal latino) è il più antico documento storico attendibile relativo a Lissone.

Tra la fine del XII secolo e l’inizio del successivo, Lissone registra la qualifica di “borgo”, cingendo l’abitato di mura e fossato: ne resta memoria in una lapide del 1227, che testimonia, unitamente a resti di mura nel sottosuolo, l’esistenza della porta occidentale. La documentazione cartacea ci ha consegnato anche la memoria della porta meridionale del nostro borgo, la “porta della Marena” (1338).

E’in questi secoli che si registra a Lissone la presenza degli Umiliati, un singolare movimento religioso i cui membri esercitavano un lavoro manuale indipendente, la lavorazione della lana e la tessitura dei panni. Un catalogo del 1298 elenca ben cinque conventi di frati e monache dell’Ordine a Lissone, molti per un villaggio al di sotto dei mille abitanti.

Dagli Umiliati i Lissonesi appresero il gusto del lavoro indipendente e la cura artigianale dei prodotti. Ancora oggi, lo stemma del Comune riporta l’emblema dell’Ordine: un agnello con il motto “Omnia vincit humilitas” – l’umiltà vince tutto.

Il territorio sul quale il Comune di Lissone poteva imporre tasse e dazi era suddiviso in appezzamenti di proprietà generalmente di nobili monzesi e milanesi, ma anche lissonesi; il restante apparteneva alla chiesa di S.Pietro di Lissone e agli Umiliati.

Dopo il 1473 risultano registrati quali possessori di beni in Lissone i “capostipiti” di quelle che saranno le più importanti famiglie nobili presenti in borgo: Baldironi, Aliprandi, Candiani, Besozzi, tutte estinte prima della fine del XVIII secolo, ad eccezione dei Baldironi. Di essi conserviamo la villa, recentemente restaurata. Apparteneva a questa famiglia anche la cascina detta “la Baldirona”, fatta erigere nel XVII secolo. Nel 1527, durante le guerre tra francesi e imperiali per l’egemonia sulla penisola, Lissone venne invasa e devastata dai Lanzichenecchi .Dal 1530 al 1713 il Ducato di Milano passò sotto la dominazione spagnola. Fu questo un periodo di carestie, guerre e pestilenze (periodo citato dai “PROMESSI SPOSI” del Manzoni ), ciò nonostante, negli anni 1530-1547 l’attività tessile registrava la presenza in borgo di 35 maestri tessitori e, nel 1612, vennero censiti ben 110 telai, quantità assai superiore a qualsiasi altro borgo della nostra Pieve, Desio compresa.

Alla fine delle guerre di successione e con il trattato di Aquisgrana del 1748 il territorio milanese passò definitivamente sotto l’Austria. Si intensificarono la coltivazione dei bachi da seta e di conseguenza dei “muròn” (gelsi), che portarono alla produzione di una delle qualità di seta migliori sul mercato.

Dalla dominazione austriaca trassero giovamento le attività agricole, i commerci, le industrie e in tutto il territorio si diffuse un nuovo benessere. Tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del successivo, i Lissonesi ampliarono la chiesa parrocchiale (situata nell’odierna piazza Libertà e demolita nel 1933), ormai incapace di contenere l’accresciuta popolazione.

Negli anni della restaurazione (1815-59) il Regno Lombardo-Veneto provvide ad una serie di riforme. La scuola elementare maschile pubblica e gratuita venne definitivamente istituita nel 1816; quella femminile negli anni ’30. La condotta medico-chirurgica, dotata di un medico che risiedeva stabilmente in borgo, fu istituita nel 1835. La crisi agraria della fine del XIX secolo, aggravata delle malattie che colpirono i bachi da seta e dalla concorrenza dei prodotti orientali e americani, indusse molti lissonesi ad abbandonare il lavoro dei campi a favore dell’artigianato, attività peraltro già fiorente da almeno un secolo.

Dal ‘500, infatti, le grandi famiglie milanesi avevano cominciato a costruire in Brianza ville e palazzi per la villeggiatura e questa tendenza si era sviluppata nei secoli successivi. Un esempio insigne è costituito dal palazzo arciducale di Monza, poi Villa Reale, un enorme complesso costruito su progetto di Piermarini e comprendente circa 700 stanze. Questa intensa attività edilizia aveva creato una forte richiesta di mobili e di arredi di ogni genere, di alta qualità per gli appartamenti padronali, di tipo ordinario per le stanze della numerosa servitù. Gli abitanti lissonesi avevano accettato di buon grado di realizzare, su commissione, i mobili e gli altri elementi d’arredo.

Fu tale attività a segnare l’inizio della lunga tradizione mobiliera, ancora oggi viva e presente nella nostra città.

Liberamente tratto e modificato dal sito del Comune di LISSONE

A cura di Fabio Fossati dell’Immobiliare Fossati di Lissone